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          Il mondo delle acquaviti o distillati, superalcolici, spiriti, di Angelo Matteucci


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Cenni storici del single malt whisky scozzese
di Angelo Matteucci

Quanta acqua è sgorgata dalle sorgenti, nei fiumi, nei piccoli corsi d'acqua ed ha raggiunto le varie distillerie dislocate nelle stupende vallate scozzesi dall'inizio della produzione di scotch whisky ad oggi? Quante sono state le modifiche, le invenzioni piccole e grandi per arrivare ai nostri giorni con un distillato sapientemente invecchiato sicuramente diverso dal prodotto creato centinaia di anni fa.? Naturalmente nessuno è in grado di rispondere a questi quesiti. Si possono solamente immaginare alcuni cambiamenti, altri si conoscono per essere stati registrati e descritti dai primi cultori del single malt, vero compagno di vita di molti scozzesi. Inizialmente l'arte della distillazione avvenne in monasteri per opera di monaci particolarmente capaci che svolsero il loro compito alla ricerca dell'elisir di lunga vita, dal termine latino aquavitae o dell'equivalente uisce beatha in gaelico che la non corretta pronuncia inglese trasformò in whisky. Cercando la perfezione i monaci distillavano più volte il medesimo prodotto, simplex con duplice passaggio in alambicco, composita per la triplice distillazione e perfectissima per la quadrupla.

In seguito la distillazione superò le mura dei conventi e divenne parte integrante del lavoro di alcuni agricoltori, uomini tenaci che distillarono in clandestinità per evitare il pagamento delle esose tasse imposte dal governo di Londra. Il principio era lo stesso di quello attuale ma le funzioni sicuramente meno curate, più lasciate al caso, all'improvvisazione del distillatore. Non possiamo che immaginare come potevano essere questi whisky, rudi, forti, spigolosi, mai domi e soprattutto mai uguali tra loro in base alle caratteristiche intrinseche dell'ingrediente base, l'orzo maltato e delle varianti occasionali che rendevano il distillato ogni volta differente. Il maltaggio, operazione ora svolta nella maggior parte dalle malterie per un più accurato risultato, era lasciato all'estro del distillatore stesso che utilizzava l'orzo coltivato nei suoi campi, fatto parzialmente germinare ed essiccato a fuoco quasi diretto, con grandi quantità di torba e di legna. L'orzo maltato, così preparato in ogni parte della Scozia doveva essere ben impregnato di fumo, oggi caratteristica quasi esclusiva di alcune distillerie dell'isola di Islay e di Skye.

L'invecchiamento non era certo regolamentato da un rigido disciplinare come al giorno d'oggi ed il distillato poteva essere commercializzato appena sgorgato dall'alambicco, senza maturazione in legno. Solo una piccola parte, quella destinata ai re, ai nobili, ai signori proprietari terrieri, al clero ed ai medici aveva un certo invecchiamento solitamente in barilotti di dimensioni ridotte. Era una bevanda per uomini forti, abituati a vivere o meglio a sopravvivere in un Paese difficile, con guerre contro il nemico inglese e lotte ricorrenti tra clan in un clima non certo facile. La Scozia è un Paese affascinante dove il clima quanto meno imprevedibile ed incostante ha plasmato la gente che ha dovuto lottare per la sopravvivenza. Gente fiera, di antico retaggio, dai giusti valori di generosa ospitalità e, allo stesso tempo, gente parsimoniosa per necessità ambientale. E proprio il whisky ha accompagnato lo scozzese nella sua lunga storia quale fedele compagno in ogni momento. Ottimo contro il freddo, preparava il viaggiatore al suo impegno ed era pronto a rifocillarlo al suo arrivo. Era presente durante gli incontri sociali e sigillava gli accordi. Il whisky era utilizzato contro la febbre, usato come anestetico durante le nascite, come "fortificante" prima delle cruenti battaglie e per disinfettare le ferite.

La sua storia spesso oscura, grazie alla maggiore disponibilità di documentazione, diventa dettagliata solamente a partire dalla fine del VIII secolo permettendoci di seguire i molteplici passaggi e cambiamenti. L'iniziale commercializzazione del prodotto di una sola distilleria, definito single malt, ha affiancato un fiorente mercato creato non più dai distillatori bensì da commercianti che acquisendo single malt whisky di diverse regioni ed assemblandoli in un unico prodotto crearono nuove tipologie definite vatted malt whisky che allargarono la richiesta del prodotto scozzese. Dobbiamo giungere alla metà del XIX secolo per avere una vera e propria svolta del mercato. I commercianti, assemblando fino a quaranta single malt differenti ed una mezza dozzina di single grain (prodotto non più in alambicco ma con distillatori a colonna utilizzando generalmente frumento anziché orzo maltato) crearono lo scotch blended whisky. Nacquero così prodotti come Johnnie Walker, Ballantine's, Dewar's, Haig's, Black & White, J & B, Famous Grouse, White Horse ed altri ancora.

Il single malt venne ed è ancora utilizzato principalmente per quest'ultima tipologia lasciando poco spazio all'individualità del prodotto, presentato alla clientela come single solamente in rarissime occasioni. Un pugno di intraprendenti imbottigliatori indipendenti si occuparono di offrire all'attento consumatore interessantissimi single malt whisky aumentando così la richiesta del prodotto singolo. Alcune famiglie proprietarie di distillerie, per contro, decisero di entrare nuovamente nell'antico mercato dei single offrendo i loro prodotti imbottigliati direttamente dalle distillerie stesse. Ci riferiamo in particolare a Glenfiddich e Springbank.

La flessione delle vendite del mercato mondiale del "Blended" ha attratto l'interesse di molte aziende alla crescita del single malt in Paesi come l'Italia, la Francia e molti altri. Oggi abbiamo una vasta gamma di single malt prodotti nelle varie regioni scozzesi ed imbottigliati dalle Proprietà. L'Italia è stata all'avanguardia in merito al consumo ed alla conoscenza del single malt whisky. L'interesse per questo prodotto è dimostrato anche dal successo del Single Malt Club www.singlemaltclub.it atto alla divulgazione del prodotto scozzese, fondato inizialmente in Italia e dove annovera oltre 9.000 soci. In seguito al successo italiano sono nati SMC anche in Portogallo e Spagna.


Angelo Matteucci