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Il mondo delle acquaviti o distillati, superalcolici, spiriti, di Angelo Matteucci
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Il whisky giapponese di Angelo Matteucci Il primo di whisky giapponese risale al 1923 ma possiamo considerare gli inizi degli anni sessanta per definire la vera e propria crescita di un mercato di importanza mondiale. Sebbene la produzione giapponese abbia preso a modello lo stile scozzese, acquisendo anche alcune distillerie in Scozia, il whisky nipponico si differisce in vari modi. E' tuttavia vero che si nota l'impronta scozzese in tutta la sua produzione sia di single malt che di blended whisky. I whisky giapponesi sono comunque creati per il mercato interno con una particolare attenzione alla morbidezza. Il limitato utilizzo della torba, ad esempio, non rende il whisky giapponese carico di fenoli (caratteristica di alcuni malti scozzesi). Inoltre il Master blender giapponese di solito riesce ad ottenere la formula voluta utilizzando solamente una dozzina di whisky (anziché almeno una trentina come avviene in Scozia) raggiungendo così un risultato leggero ed allo stesso tempo ben strutturato. Nella maggior parte dei casi concorrono alla buona riuscita del whisky nipponico uno o più whisky di malto provenienti direttamente dalla Scozia. La quantità "scozzese" di solito raggiunge il 12/15% del volume totale. Vi è inoltre l'abitudine di acquistare dalle malterie scozzesi l'orzo maltato prodotto secondo specifiche caratteristiche, che concorre in maniera fondamentale alla buona riuscita del prodotto finale. La tecnologia giapponese così come l'acqua particolarmente pura ed un clima adatto alla maturazione del whisky in barili fanno il resto. Angelo Matteucci |